Istituto di Istruzione Superiore
“G.A. Pischedda”
PERCORSO TEMATICO NUMERO CINQUE (mese di dicembre)
“GIORNATA INTERNAZIONALE DELMIGRANTE”
Costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non migrare, a vivere, cioè, in pace e dignità nella propria Patria. (Papa Giovanni Paolo II)
Il 18 dicembre 1972, cinquantuno anni fa, all’ interno di un camion in movimento tra Italia e la Francia, morirono ventotto sapiens sul Monte Bianco. Il mezzo avrebbe dovuto trasportare macchine da cucire, invece nascondeva dei migranti lavoratori. Dentro al tunnel persero la vita ventotto cittadini del Mali, che viaggiavano da giorni alla ricerca di un lavoro e di migliori condizioni di vita.
La celebrazione della giornata mondiale del migrante inizia nelle Filippine nel 1997 e viene proclamata globalmente nel 2000, per ricordare il giorno 18 dicembre 1990, nel quale le Nazioni Unite adottano la Convenzione internazionale sui diritti di tutti i migranti e delle loro famiglie. Ma di quali diritti si tratta?
Innanzitutto, il diritto di essere considerate persone, non clandestini, non invasori, non parassiti della società, non tutte quelle etichette che annullano la dignità dell’essere umano per farne l’ostaggio dei pregiudizi, stereotipi e convincimenti ideologici. L’anno che ci stiamo lasciando alle spalle, soprattutto nel mondo della politica, offre degli esempi di come migranti e rifugiati non interessano per quello che SONO, ma per la loro manipolabilità che li trasforma facilmente in ostaggi di interessi di parte.
Migrare significa attraversare confini resi sempre più invalicabili da logiche securitarie e nazionalistiche. Per l’Italia i flussi migratori sono ormai sinonimo di barconi, sbarchi e ong, di rotta mediterranea e balcanica. Queste le uniche alternative, alle poche vie di ingresso illegali: corridoi umanitari per le persone più vulnerabili, decreto flussi per i lavoratori, soprattutto agricoli.
Donne e ragazze sono le più a rischio di violenze di genere, gli adolescenti non hanno opportunità di sviluppare le proprie capacità e competenze, i fenomeni di xenofobia e di discriminazione risultano in aumento. Nei siti di accoglienza, persistono rischi di violenza sui minori, mentre le famiglie ricevono un’assistenza limitata e frammentaria durante l’attesa per le procedure di asilo.
L’Unione Europea che si prefiggeva, ad inizio anno, di approvare un Nuovo Patto sulla Migrazione, in modo da implementare adeguate politiche per accogliere, accompagnare, promuovere e integrare i migranti, si limita a lanciare un appello a costituire “un’alleanza globale contro i trafficanti di essere umani”.
L’obiettivo, quindi, non è più quello di proteggere le vittime, ma di impedire che questi partano o costringerli a restare nei loro Paesi di origine o, al limite, nei campi di detenzione di Libia e Tunisia, dichiarati “Paesi sicuri”.
Mercoledì 4 dicembre il Senato italiano ha convertito ufficialmente in legge un nuovo decreto sull’immigrazione, ribattezzato “decreto Flussi”.
In questa ordinanza l’obiettivo era quello di mantenere operativi i centri costruiti in Albania. Dall’apertura di questi, in due occasioni, alcuni migranti provenienti da Egitto e Bangladesh, dopo essere stati salvati nel Mar Mediterraneo, sono stati condotti in Albania; in entrambe le occasioni il Tribunale di Roma non ha convalidato il loro trattenimento negli hotspot.
Il decreto “Flussi” è stato poi modificato alla Camera con l’“emendamento Musk”, presentato in seguito alle critiche rivolte dall’imprenditore statunitense Elon Musk contro i giudici che non hanno convalidato il fermo. Il nuovo testo affida le decisioni sui trattenimenti dei richiedenti asilo alle Corti d’Appello e non più alle sezioni dei tribunali specializzate in immigrazione.
Tra le altre cose, il testo prevede che il datore di lavoro e l’extracomunitario sottoscrivano il contratto di soggiorno entro otto giorni dall’ingresso in Italia; il concordato stipulato consente al cittadino immigrato di soggiornare legalmente.
Per contrastare il fenomeno del “caporalato”, l’ordinanza include la concessione di un permesso di soggiorno speciale per i lavoratori stranieri vittime di sfruttamento sul lavoro, al fine di garantire assistenza legale ed eventualmente sanitaria al lavoratore sfruttato.
Torna sempre attuale l’invito di papa Francesco, in occasione della giornata per la pace: «Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle come opportunità per costruire un futuro di pace».
Il contributo lavorativo degli immigrati è ormai indispensabile. Consideriamo inoltre la ricchezza culturale di cui sono portatori e che abbiamo il dovere di conoscere, per attivare una strategia di dialogo di grande importanza educativa ai fini dell’integrazione.
Risultano necessarie ed urgenti chiare scelte politiche, che considerino sia l’aspetto della convivenza civile e democratica, sia efficaci interventi strutturali ed organizzativi.
Sappiamo che ogni persona può fare la differenza, può essere un agente di cambiamento.
Consigli di lettura
Fabio Geda” Nel mare ci sono i coccodrilli “
*Disponibile in biblioteca
Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché, quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo. Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia né a cancellargli dal volto il suo formidabile sorriso. Enaiatollah ha infine trovato un posto dove fermarsi e avere la sua età. Questa è la sua storia.
Lia Levi “Questa sera è già domani”
*Disponibile in biblioteca
«Questa sera è giù domani è un libro che tocca molte corde della nostra esistenza, con risonanze importanti rispetto a quanto sta succedendo ai nostri giorni.» – Dacia Maraini
Nel 1938 si riuniscono 32 Paesi per affrontare il problema degli ebrei in fuga da Germania e Austria. Molte belle parole ma in pratica nessuno li vuole. Una sorprendente analogia con il dramma dei rifugiati ai nostri giorni. Nello stesso anno 1938 vengono promulgate in Italia le infami Leggi Razziali. Come e con quali spinte interiori il singolo uomo reagisce ai colpi nefasti della Storia? Ci sarà qualcuno disposto a ribellarsi di fronte ai tanti spietati sbarramenti? In questo nuovo emozionante romanzo Lia Levi torna ad affrontare con particolare tensione narrativa i temi ancora brucianti di un nostro tragico passato. Genova. Una famiglia ebraica negli anni delle leggi razziali. Un figlio genio mancato, una madre delusa e rancorosa, un padre saggio ma non abbastanza determinato, un nonno bizzarro, zii incombenti, cugini che scompaiono e riappaiono. Quanto possono incidere i risvolti personali nel momento in cui è la storia a sottoporti i suoi inesorabili dilemmi? È possibile desiderare di restare comunque nella terra dove ci sono le tue radici o è urgente fuggire? Se sì, dove? Esisterà un paese realmente disponibile all’accoglienza? Alla tragedia che muove dall’alto i fili dei diversi destini si vengono a intrecciare i dubbi, le passioni, le debolezze, gli slanci e i tradimenti dell’eterno dispiegarsi della commedia umana.
Katherine Marsh” L’amico nascosto”
*disponibile in biblioteca
Quando Ahmed arriva a Bruxelles non sa dove andare; ha quattordici anni ed è solo. Suo padre, con cui è partito dalla Siria per fuggire la guerra, è disperso nel mar Mediterraneo. Ahmed si nasconde perché non vuole finire in un istituto per minori non accompagnati, e vagando riesce a entrare in una cantina che diventa il suo rifugio. Nella casa sopra di lui vive Max, un ragazzo americano che trascorre un anno a Bruxelles con la sua famiglia. Non è bravo a scuola, non ha nessuna voglia di imparare il francese e il Belgio non gli piace. Ahmed e Max sono quasi coetanei, ma le loro esperienze non potrebbero essere più diverse. Eppure, il loro incontro è l’inizio di una grande avventura, di quelle che solo due veri amici possono affrontare.
Giuseppe Catozzella” Non dirmi che hai paura”
Samia è una ragazzina di Mogadiscio. Ha la corsa nel sangue. Ogni giorno divide i suoi sogni con Alì, che è amico del cuore, confidente e primo, appassionato allenatore. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell’irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L’appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqa ed è costretta a fronteggiare una perdita lacerante, mentre il “fratello di tutta una vita” le cambia l’esistenza per sempre. Rimanere lì, all’improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi. Rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il Viaggio di ottomila chilometri, l’odissea dei migranti dall’Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia.
Pablo Trincia “Se non muoio domani”
Ci sono storie che sono come pugni nello stomaco. Sono storie difficili da ascoltare e ancora più difficili da raccontare, ma una volta iniziate, è impossibile tornare indietro. Come succede in questo libro, dove si resta agganciati alle parole di Pablo Trincia, uno dei più abili storyteller di oggi, che qui apre scorci su vite distanti dalle nostre, ma solo per un caso fortuito. Ragazze e ragazzi di nazionalità, culture e fedi diverse, accomunati però da un unico e universale desiderio: poter vivere liberi e al sicuro. Questo motore che spinge oltre i confini noti – spezzando i legami, gettando tra le braccia del pericolo – Trincia l’ha visto in azione con i suoi occhi durante i viaggi a caccia di verità in giro per il mondo, nelle peripezie di centinaia di persone in movimento. Come quelle di Fatima, cresciuta in un piccolo villaggio dell’Afghanistan, dove le opportunità di studiare ed emanciparsi sono pari a zero se si ha la sfortuna di nascere, donna, sotto un regime di uomini che si fanno chiamare talebani. O Omar, in fuga dalla povertà che imperversa nel sottile lembo d’Africa a cui appartiene. O ancora, quelle di Sasha, la cui esistenza è stata congelata una mattina di febbraio 2022, al grido lacerante di una sirena antiaerea ucraina. Fatima, Omar e Sasha sono tre ragazzi diventati, loro malgrado, dei migranti. Le loro storie – odissee fatte di dolore e speranza – ci riconnettono alla grande comunità umana, ricordandoci allo stesso tempo chi siamo come individui. E proprio perché difficili da raccontare, meritano di essere ascoltate, e ancora di più meritano di essere condivise, come ha fatto Pablo Trincia in questo toccante, potente volume.
Angelo Laria
Docente